Prima meditazione

Nicodemo incontra Gesù

Gv 2,23-25

23Mentre Gesù era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. 24Gesù però non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

 

Gv 3,1-8

1Vi era però un uomo, tra i farisei, chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. 2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». 3Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non viene generato dall’alto, non può vedere il regno di Dio». 4Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo essere generato quando è vecchio? Non può certo entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e essere partorito». 5Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non viene generato da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6Quel che è generato dalla carne è carne e quel che è generato dallo Spirito è Spirito. 7Non ti meravigliare perché ti ho detto: bisogna che voi siate generati dall’alto. 8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». 9Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». 10Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?»

Il brano è introdotto dalla precisazione che Gesù si trovava a Gerusalemme durante la festa di Pasqua, e molti hanno creduto in Gesù avendo visto i segni che compiva.

L’evangelista Gv richiama la nostra attenzione sui “segni” compiuti da Gesù, sul fatto che molti hanno creduto perché hanno visto i segni (miracoli) che Gesù compiva.

Dunque Gv ci pone di fronte a un credere scaturito dai segni di Gesù: hanno creduto perché hanno visto.

 

  • La prima tappa del nostro cammino, comincia da qui.

Gv ci rimanda a noi stessi, alla nostra fede:

qual è il nostro credere?

La nostra fede si fonda su segni?

Abbiamo una fede che ha bisogno di vedere o di fare? per toccare con mano, come se volessimo dimostrare a noi stessi che crediamo perché facciamo qualcosa per gli altri, per la Chiesa?

Ed allora Gv ci manda alla radice del nostro ‘credere’.

Vi possono essere delle buone esperienze, ma esse non sono sufficienti a coltivare una fede matura che sia in grado di “donare”. Perché noi siamo e viviamo della fede che abbiamo nel cuore.

Infatti il testo dice che Gesù non credeva loro.

Anche la fede di Nicodemo parte dai segni, ma scopre che non gli basta.

Infatti va «di notte» a cercare Gesù.

«Di notte»: è qui che vagliamo la nostra fede.

La notte è simbolica:

la notte rappresenta il buio delle nostre fatiche, delle nostre ferite, il buio nelle nostre sofferenze, e i «segni» di una fede che vuole toccare con mano, che si poggia sul sentire, sul vedere non regge il buio.

La notte è la prova a noi stessi della solidità della nostra fede. È la prova della radice che la fonda.

È la prova di come noi ci poniamo in relazione con Dio, perché è da questa relazione che noi diventiamo capaci di donare il Bene, altrimenti doniamo la nostra povertà.

I segni della presenza di Dio nella nostra vita personale, ci sono, ma non sono così immediatamente visibili se non abbiamo acquistato uno sguardo “contemplativo”, vale a dire uno sguardo che deriva dalla confidenza con Dio, frutto di una perdurante e solida relazione con Lui.

I segni della Presenza di Dio nella mia vita, sono segni che mi rivelano la sua Presenza nelle scelte che mi ha aiutato a compiere, nelle svolte che mi ha indotto a fare, nelle sofferenze che mi ha aiutato a sostenere….

Ed anche i segni della presenza di Dio in chi incontriamo, nei fratelli che ci passano accanto, in chi ha bisogno, necessitano di quello sguardo che ha confidenza con Dio, non emergono, non sono eclatanti. Rischiamo che la sua Presenza in loro, ci passi accanto; ci siamo, facciamo, operiamo, ma non la scorgiamo.

La scopro, nella mia vita e in coloro che avvicino e di cui mi prendo cura, se vivo una fede “coltivata” che mi genera quello sguardo.

Infatti, Gesù, ancora prima che Nicodemo gli rivolga una domanda, sposta la prospettiva di Nicodemo: dai segni ad “oltre” i segni.

 

  • Gesù dice a Nicodemo: «In verità, in verità ti dico, se uno non viene generato dall’alto, non può vedere il regno di Dio»

 

Qui emergono due temi – chiave:       A. essere generati

  1. vedere il Regno di Dio
  2. «viene generato». Nel brano si ripete otto volte «essere generati» “da”.

Il verbo al passivo mi richiama al fatto che sono generato da Qualcuno; che c’è Qualcuno che mi dà la vita, e non soltanto la vita fisica, anche la vita spirituale.

(non sono io che mi genero, richiama invece colui che dà la vita, richiama che non sono io che mi alimento)

*Nicodemo resta sul suo punto di vista che lo porta all’equivoco:

«Come può un uomo essere generato quando è vecchio? Non può certo entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e essere partorito»

L’equivoco di Nicodemo è un po’ anche il nostro: come è possibile «essere generati di nuovo»?

Ormai, siamo battezzati, siamo praticanti, facciamo tante cose per la Chiesa. Non è sufficiente?

* Ma Gesù precisa: essere generati «dall’alto, dallo Spirito».

E in più Gesù non si riferisce ad una volta sola, che potrebbe appunto far pensare al nostro battesimo. Certamente, ma non soltanto. Gesù fa un discorso che non è rivolto al passato, ma al presente., è di attualità.

È necessaria un’azione continua dello Spirito del Cristo risorto, per scoprire la presenza di Dio, viva nella nostra vita, per esercitare una fede matura, consapevole.

Per mettere la nostra fede al servizio del prossimo.

Lo Spirito Santo, che è l’Amore di Dio, la fecondità di Dio, la creatività di Dio, è una presenza che agisce con forza dentro di me, che mi sostiene, che mi reca la luce della verità.

È lo Spirito di Testimone, il Paklito, presente in me. È come l’acqua che penetra la terra arida e mi feconda.

È necessaria la sua azione per imparare a sentire e vedere Dio nelle creature, perché in tutto è Dio che ci tocca, ci avvicina.

Ed è su questa Presenza che dobbiamo interrogarci. Qui sta il vero problema della fede.

È su come coltivare questa Presenza, che ci dobbiamo interrogare.

Perché in Lui, noi siamo, ci muoviamo, respiriamo, ma non vediamo, eppure noi viviamo di quella Presenza.

La sua Presenza non è in segni eclatanti, ma è nel segreto della mia stanza, vale a dire del mio cuore.

È il mio rapporto con lui, che determina il mio rapporto con le cose da fare, col lavoro da compiere, col bene da svolgere, con la vita di ogni giorno.

Perché non è con la ragione che potrò accompagnare, ascoltare, sostenere una profonda sofferenza, stare vicino ad uno “scarto della società”, o accogliere… là dove non si comprende, ma bisogna amare.

Tema centrale del brano è allora la fonte della vita cristiana.

Perché lo Spirito di Cristo risorto è la fonte.

* Ed allora cosa vuol dire «essere generati dall’alto»?

Gesù precisa ancora: «Quel che è generato dalla carne è carne e quel che è generato dallo Spirito è Spirito»

Gesù parla di una dimensione spirituale: chi «è generato dalla carne», non soltanto significa chi si definisce in base ai criteri di questo mondo, comprende se stesso dal loro punto di vista.

Ma anche si riferisce alla prospettiva molto umana che noi possiamo comprendere nel brano del Vangelo di Lc riferito a Marte e Maria (Lc 10,38).

Non la Legge, rappresentata qui da Nicodemo maestro e capo dei Giudei, non la sola osservanza delle pratiche religiose. Queste mi permettono di coltivare le virtù, ma non sono la fonte della mia vita in Cristo.

Ma chi è nato dallo Spirito riconosce la sua origine in Dio e a quella si deve rifare, perché si riconosce a partire dall’essere figlio di Dio. 

Dunque è l’azione dello Spirito di Dio che ci aiuta a vivere da “figli” di Dio.

È l’azione dello Spirito del Cristo risorto che opera in noi. È l’Amore di Dio, la fecondità di Dio che mi visita.

È una Presenza che mi abita, che agisce con forza e dolcezza.

È lo Spirito di Testimone presente in noi, che muove.

Gesù conduce Nicodemo oltre la Legge, e noi alla sorgente della vita: al dono di un cuore nuovo e di uno spirito nuovo.

Dio, il suo Spirito, è la fonte di tutti i doni possibili:

ho con lui il dono della vita, ho il dono della verità, ho il dono dell’amore, ho il dono della casa, di sentirmi a casa insieme con lui ovunque mi trovo, ho il dono di una intimità con lui, come Presenza, come Comunione, come Assieme. Con lui ho il dono di crescere spiritualmente.

  1. vedere il Regno di Dio

Gesù precisa a Nicodemo: «se uno non viene generato dall’alto, non può vedere il regno di Dio».

Cosa vuol dire? 

Ciascuno di noi ha in sé la vita divina, una realtà divina, e ciascuno ha la sua origine e la sua vocazione nel progetto che Dio creatore ha su di lui. Da questo dono scaturisce anche la “vocazione” di ciascuno, che è chiamato a rispondere alla relazione col suo Creatore, ed è chiamato a essere consapevole di essere fatto per la vita in Dio.

Da qui, un’apertura sull’eternità.

Dunque: generati dallo Spirito, entreremo un giorno nel Regno di Dio.

Ma qui e ora dobbiamo lavorare nella sua “vigna”.

E questo significa far crescere qui e ora il seme del Regno di Dio.

Il cammino che dobbiamo compiere qui e ora nella nostra vita, per renderla il più possibile somigliante al disegno che abbiamo in noi di Regno di Dio, ci rivelerà il volto vero della nostra fede. Perché la nostra vita è l’attuazione di ciò che abbiamo nel cuore, di ciò che crediamo e dell’amore di Dio che abbiamo scoperto in noi. 

Se noi ci alimentiamo di quella vita divina, saremo capaci di far vivere qui ora sulla terra, e intorno a noi quel bene che abbiamo dentro, quel Bene che coltiviamo in un’unione con Dio. Diventiamo capaci di riprodurre quell’immagine di Bene che ci sentiamo dentro. Questa sarà la prova del nostro rapporto con Dio.

Nella nostra vita, il frutto di ogni desiderio di bene, il valore di ogni sacrificio, il confermarsi di ogni atto di amore, fanno crescere il seme del Regno di Dio in noi e attorno a noi.