Esercizi spirituali 2020
Predicati da padre Davide Traina o.p.
Meditazioni per bambini e ragazzi del catechismo
Prima meditazione
Seconda meditazione
Terza meditazione
Meditazioni per adolescenti e giovani
Prima meditazione
Seconda meditazione
Terza meditazione
Meditazioni per adulti
Quarta meditazione
Quinta meditazione
Meditazioni per anziani e pensionati
Prima meditazione
Seconda meditazione
Terza meditazione
Prima meditazione per adulti
Gv 13, 1-17
Il Signore si spoglia di tutto, si riveste di un grembiule e lava i pedi. In questa icona vediamo Dio nella sua gloria, è amore che si pone a servizio dell’amato, e siamo noi gli amati. Dio è colui che lava i piedi a me, Dio è colui che lava i piedi a me, non è per finta, non è una battuta, non è per modo di dire. Dio, in Gesù, ha lavato i piedi a me, io che sono Pietro (colui che lo rinnega), io che sono Giuda (colui che lo tradisce), io che sono uno dei discepoli (che lo abbandona). Gesù ha lavato i piedi a me. La salvezza non è qualcosa che noi facciamo per Dio, ma è accettare che sia Dio, in Gesù, a fare qualcosa per noi, e questo qualcosa è dare tutto se stesso, accettare che Gesù dia tutto se stesso per noi. E’ accettarlo così in modo semplice, così come lui ce lo pone, un gesto umilissimo della lavanda dei piedi. “E cominciò a lavare i piedi”: comincia e non ha ancora finito, perché quello che Dio ha sempre fatto e sempre farà è a servizio dell’uomo. Quando uno ama qualcuno non ama a tempo, non può amare due giorni e il terzo smette, non è amore quello. L’amore richiede stabilità, l’amore è qualcosa di serio, che impegna, che responsabilizza la persona, ecco perché Dio quando decide di amarci, nel donarsi intimamente, tutto se stesso in Cristo Gesù lo fa sul serio. Lavare i piedi è un gesto certamente di servizio, era il gesto dello schiavo, del servo, ma è soprattutto un gesto di intimità, di amore, di dono. E’ ciò che Lui fa. E poi li asciuga con un telo di cui Lui si è cinto, stupenda questa immagine: i nostri piedi sono avvolti da quel telo con cui Gesù si è cinto, vale a dire che il nostro camminare, il nostro stare nella storia è avvolto dalla Sua decisione di essere dono per noi, perché i nostri piedi possano diventare strumento di amore per altri, vale a dire che Dio ama questo mondo, i miei fratelli attraverso di me.
Dov’è Dio durante questa epidemia? Qualcuno dice che la fede è sparita, la gente si rivolge semplicemente alla medicina e ha dimenticato Dio. E la risposta a “dov’è Dio?” non può semplicemente essere una ricerca di punizione (“ci siamo comportati male e allora Dio ci ha puniti”), no. E allora dov’è Dio? Sicuramente questo tempo di epidemia è una purificazione per tutti: per noi sacerdoti (per imparare a riscoprire il senso del sacrificio eucaristico donato in espiazione e per intercessione dei nostri fratelli), per la comunità cristiana (per non dare per scontato che esistono ancora i sacramenti e lo stare insieme), ma anche per la fede dei singoli (per scoprire la grazia della fede famigliare che viene trasmessa da padre in figlio, le mura domestiche diventano il nuovo tempio). Ma certo è che è anche un richiamo forte alla conversione e alla riparazione, ma Dio è soprattutto presente in mezzo a tanti fratelli che sotto diverso titolo, in tanti modi, sono vicini ai fratelli malati e tribolati, ai poveri, agli ultimi. Questi che noi chiamiamo eroi in realtà sono i testimoni dell’amore di Dio come il buon samaritano, vivono quel capitolo 25° di Matteo (“qualunque cosa avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”). Ecco dov’è Dio: Dio è nel medico, nell’infermiere, in colui che guida l’ambulanza, nel famigliare che ti aiuta, nell’anziano che ti soccorre, nel sacerdote che sfida la malattia. Dio è nei tuoi fratelli. Però c’è un problema: quando Dio vuole lavare i piedi a me, ecco noi rimaniamo come Pietro. C’è una reazione, una resistenza: “Tu lavi i piedi a me? Tu a me? Sono io che devo fare il servo, lo schiavo, sono io che devo annullarmi per te”. Possiamo farci la domanda: perché l’uomo resiste a un amore così gratuito e assoluto? Di cosa ha paura? Io penso che in gioco ci siano due cose: 1) quando uno si sente investito di un amore gratuito fa fatica a crederci. Questa è la cosa più triste: non crediamo più all’esistenza di un amore gratuito assoluto, ma pensiamo sempre che ci sia l’inganno perché siamo troppo abituati, anche nella comunità cristiana a un amore interessato. “Io ti voglio bene, ma perché mi servi; io ti ascolto, ma perché ho bisogno di te”. Un amore interessato è quello che vige ancora troppo nelle nostre comunità. Va tolto, va eliminato, va cambiato, convertito. Siamo abituati al fatto che qualcuno possa fregarci, e ahimè lo pensiamo anche di Dio, ed è la seconda cosa: 2) dobbiamo accettare che il Signore, l’Altissimo, sia servo e che riveli la Sua gloria lavando i piedi. Vuol dire cambiare l’immagine di Dio: Dio è il Signore, il Sublime, si fa Servo, perché la sublimità dell’amore è quella di farsi piccolo e porsi al servizio. Solo chi si fa piccolo al servizio capisce chi è l’amore. Sono in gioco proprio tutte le nostre resistenze. Ma anche l’immagine di Dio e anche l’immagine dell’uomo: noi vorremmo un Dio che anche in questo nostro tempo drammatico intervenga in modo quasi magico, e non accettiamo invece un Dio che passa attraverso il malato, attraverso il moribondo, attraverso colui che lo cura, attraverso la debolezza e la piccolezza. Pietro dice: “Non mi laverai mai i piedi in eterno”, io non accetto questo servizio da te. Non è facile accettare l’immagine di un Dio debole, che poi in realtà non è debole perché essendo Dio è la gloria in assoluto. Emerge qui tutta la fragilità di Pietro, di un uomo cieco davanti alla gloria, un uomo che pensa secondo il mondo e non secondo Dio. Un Dio mondano… ma Gesù dice: “Guarda che se io non ti lavo i piedi tu non farai parte di me. Aver parte con Gesù, il Figlio, vuol dire aver lo stesso amore del Padre, e vuol dire amare in questo modo i fratelli con il cuore del Padre.
“Siate misericordiosi come misericordioso è il padre vostro che è nei cieli”. Se tu non accetti di essere amato così, non puoi amare i fratelli così. Come se tu hai in mente un’immagine di Dio-padrone, poiché tu sei stato fatto ad immagine e somiglianza sue, tu con i tuoi fratelli ti comporterai da padrone. Se tu invece hai l’immagine del Dio di Gesù Cristo, di un amore del Padre amorevole, che si dona in Cristo Gesù e si fa servo, cosa succederà? Succederà che tu amerai i tuoi fratelli servendoli. Ecco allora che la generosità di Pietro esplode – è stupendo, quella di Pietro è una figura meravigliosa. “Lavami tutto”. Questa dovrebbe essere la nostra preghiera dinnanzi alla croce: “Signore, lavami tutto, parti dalle mie mani, poi lavami il capo; parti dalle mie mani perché ho bisogno di far vedere che l’amore è un fatto concreto, che l’amore non è una speculazione metafisica, l’amore è un fatto concreto”. Volete una prova se amate Dio? Guardate le opere di misericordia, corporali e spirituali. Solo l’amore crea. Guarda le opere di misericordia: corporali, che sono quelle molto pratiche, ma anche spirituali, andatevele a vedere, scaricatele da internet, cercate un commento. C’è un bellissimo libro di don Rosini che parla delle sette opere di misericordia spirituali. Verificate il vostro amore. Parti dalle mani, fa che il tuo amore sia concreto, sia oggettivo, sia visibile, ma parti anche dalla testa, cambia la mia testa perché la mia testa è sbagliata, il mio modo di pensare è sbagliato. Noi dobbiamo essere persone che accolgono, che sanno avere speranza, che sanno avere uno sguardo di fede, anche nella tribolazione e nella lotta. “Se non mi ami – dice Gesù – non capisci chi io sono e cosa faccio”, perché solo l’amore comprende, solo l’amore sa leggere tra le righe, dentro le righe, al di là delle righe. C’è qualcosa che l’amore intuisce ancor prima della ragione. Solo l’amore comprende, solo l’amore capisce. E attenzione, questo amore è rivolto a tutti, persino a Giuda. Se volete, la cornice di questa Passione del Signore è tutta legata a Giuda: Giuda che è presente nell’Ultima Cena e inizia al versetto 2 quando Giuda già aveva deciso di consegnarlo, immediatamente prima di lavare i piedi si nomina Giuda, subito dopo aver lavato i piedi a Pietro si nomina ancora Giuda indirettamente, e poi lo si nomina ancora subito dopo, e poi ci sarà un gesto di Gesù che dà a Giuda il suo boccone. Attenzione: Gesù lava i piedi, si fa servo, ma Gesù lava i piedi anche a Giuda, Gesù dà la vita per Giuda, Gesù ama Giuda, e lo ama talmente tanto che gli dà il boccone, che non è il segno dell’infamia, ma è l’ultimo ponte di comunione, e lo dà solo a Giuda. Perché lo dà solo a Giuda? Perché se l’amore si misura dal bisogno dell’altro, Giuda è quello che in questo momento ha più bisogno di tutti, e ne riceve di più, perché Giuda si è lasciato prendere dalla mentalità mondana, e non ha compreso chi è Gesù, ce l’ha con Gesù perché lo considera un fallimento politico, e Satana usa la delusione che Giuda ha nel cuore per tradirlo. E’ il più povero tra i poveri Giuda, e Gesù lo sa e tenta l’ultimo amo, l’ultimo ponte. E infine Gesù, dopo aver lavato i piedi, riprende le sue vesti, ma non si dice che lascia il grembiule di cui si era cinto. Nelle vesti di Maestro e di Signore, di Re glorioso in eterno, Gesù rimane un servo. Il suo vero vestito intimo, la sua vera vita intima è sempre la veste del servizio, dell’amore che si fa dono, del dono di sé. Solo una vita donata ha senso. Il dono di sé anche nella pazienza di rimanere a casa, nel gestire il tempo; spesso ci siamo detti: “Non ho tempo”. Ecco, adesso il tempo ce l’hai: per la preghiera, per la carità, per la pazienza, per la lettura, per l’approfondimento, lo studio. Occhio anche a usare tanto i sistemi di internet, perché ci fanno diventare un po’ “corti”, dobbiamo avere anche la catarsi di ascoltare una buona musica, di leggere un buon libro.
“Conoscete che cosa vi ho fatto?”: questa è la domanda che Gesù consegna a noi oggi. Conosci ciò che Gesù ha fatto per te? Conosci quello che ti ha fatto lavandoti i piedi? Conosci il suo amore? Potresti dire nella tua vita: ecco, quel giorno ho fatto un’esperienza d’amore di Dio? Potresti dire: ho incontrato quella persona che mi ha fatto vedere l’amore di Dio? Potresti dire: nonostante queste nubi di morte che mi sovrastano “io credo all’amore di Dio per me”? Certo, uno potrebbe gridare: “Signore, vieni a salvarmi”. Certo, e lo dobbiamo gridare, lo dobbiamo svegliare questo Signore, come disse il Papa l’altro giorno durante la bellissima preghiera a San Pietro. Ma il Signore non è un Dio capriccioso. Lui vuole l’amore e risponde solo all’amore. E allora invito ciascuno di voi a fare di questa Parola un punto di partenza: sentirsi amati da Dio, sentiti amato da Dio, Dio ti ama. “Ma io l’ho combinata grossa” – Dio ti ama, Dio non ti punisce, Dio non ti castiga, Dio non ti annulla, ma vuole da te conversione, vuole da te serietà di vita. Perché? Perché di te si fida, perché a te vuole affidarsi, vuole che tu sia il suo strumento d’amore, di misericordia, di pace, di annuncio per altri. Come sono belli i piedi di coloro che annunciano lieti annunci. La bellezza dei piedi, cioè la bellezza di poter stare nel mondo eretti (segno proprio dell’atteggiamento del Risorto), però non con i piedi legati, senza catene (le catene del peccato, le catene del vizio, la catena della tristezza, della paura, dell’angoscia) ma con la speranza, con la forza della fede, con l’ardore della carità. Noi dobbiamo essere uomini e donne che sanno accendere la fiamma della speranza sapendo che Dio ci ama, e ci ama sul serio, ci ama concretamente, ci ama per sempre. Tutti hanno il sacrosanto diritto di ricominciare nella misericordia di Dio, perché Dio non smette mai di volerti bene, mai smette di amarti. Va pregato nostro Signore, certo, perché è l’amore che affascina, solo l’amore. Scoprite qual è la bellezza dell’amore di Dio. Anche la riparazione, l’espiazione per i nostri peccati va fatta per amore, perché noi siamo poca cosa, ma uniti a Lui che è il sacerdote per eccellenza, che è la vittima e l’altare, il nostro amore unito al Suo amore diventa l’unico atto che noi possiamo offrire a nostro Padre. Ecco, vi invito all’ultimo punto: ciascuno di noi ha una croce in casa, ecco prendete la croce, baciate le piaghe del Signore, fate sì che questa vostra croce possa essere oggetto di meditazione. Guarda quanto Dio ti ha amato, quanto ha fatto per te. Sia questo il nostro invito, sia questo il nostro augurio. Solo la croce vince, solo l’amore crea, solo la speranza è il nostro unico orizzonte.
Padre nostro…
Seconda meditazione per adulti
Gv 14,1-14
Un Vangelo che uno potrebbe dire “è un po’ complicato, un po’ difficile, non è come una parabola”; sì, non è come una parabola, è un discorso, un discorso cosiddetto dell’addio. Gesù si sta avviando decisamente verso la sua Passione. E dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli, facendo quel bellissimo gesto di intimità e di servizio, sta dicendo le ultime cose. Quando qualcuno ci lascia, i gesti ultimi e le parole ultime mi sono sempre rimaste impresse, come uno ha vissuto, così di solito muore, penso a Sant’Agostino, che muore guardando i salmi che lui ha amato e ha commentato, penso a san Benedetto, che muore cantando l’ufficiatura, penso a san Domenico, che muore predicando ai frati, penso a san Francesco, che muore contemplando la natura che ha amato, e così anche noi. E Gesù ci dice le ultime cose, questi sono i discorsi dell’addio, e questo è il primo. Gesù ci parla del turbamento, della solitudine e del non-senso e dà a questi tre grossi ostacoli di crescita nella vita cristiana, nel discepolato, tre antidoti, tre risposte: Gesù non è uno che risolve tutti i problemi, una fede così è una fede molto commerciale, la fede non può risolvere tutti i problemi, non è il passepartout per risolvere ogni cosa, ma la fede è qualcosa di più forte, di più vero, di più autentico, la fede è vita, e la vita è complicata, però è vita, è viva, pulsa. Ecco, Gesù vive, abita, con la sua presenza, la sua persona, la sua parola, la nostra vita, il nostro turbamento, la nostra solitudine o meglio la nostra paura di essere abbandonati, e a volte la nostra confusione, il nostro non-senso, soprattutto in questo periodo un po’ particolare. Innanzitutto dinnanzi al turbamento Gesù dice “abbiate fede, abbi fiducia”; che bello! Che bello usare delle parole che salvano. Già l’altra volta vi dicevo che bisogna imparare ad usare un linguaggio che purifichi il nostro cuore, noi siamo ciò che sentiamo, e a furia di sentire solo parole avvelenate, di morte, moriamo anche noi. Gesù ci dà vita perché dice parole di vita, parole che salvano, parole potremmo definirle terapeutiche. Fiducia: “Abbi fiducia”, ma non la fiducia generica, in una persona, in un volto, in un cuore che batte, in una realtà. “Abbi fiducia in Dio, cioè nel Padre, e in me”. Abbi fiducia nel Padre, rimettiti nelle mani del Padre. Bello ! Gesù dice ai suoi discepoli che li deve abbandonare, che li deve lasciare, e questa cosa li sgomenta, li inquieta, e invece Gesù dice “state tranquilli, io non me ne vado perché avete fatto qualcosa di male per cui vi devo punire” (spesso noi lo facciamo con i nostri fratelli: gli togliamo il saluto, non gli parliamo più, creiamo un muro, diciamo “per me lui è morto”. No, Gesù va via per farci crescere, ci svezza. Anche nella vita naturale va così: non è possibile prendere il latte materno per tutta la vita, ad un certo punto la mamma ti insegna a mangiare da solo, e tu devi imparare a darti da fare. Ecco, Gesù ti svezza, “abbi fiducia nel Padre, abbi fiducia in me, io non ci sarò sempre fisicamente accanto a te ma la mia presenza rimane in un modo diverso”. Vuole far crescere i suoi discepoli, vuole far crescere ciascuno di noi. Bisogna aver fede non solo quando le cose vanno bene, ma soprattutto quando le cose vanno male. Quando le cose vanno male bisogna aver fede perché Dio non ti ha abbandonato, Dio non ce l’ha con noi, Dio non si è voltato dall’altra parte, Dio è con noi nonostante il suo silenzio e nonostante la nostra cocciutaggine di voler fare da soli.
Ed ecco il secondo punto: se l’antidoto al turbamento è la fiducia, l’antidoto alla solitudine, cioè la paura di essere abbandonati è questo principio: uno abita dove è amato. Provate a stare in una casa dove non siete accolti, lo respirate immediatamente che quel luogo, quella famiglia non vi vuole, non vedi l’ora di andartene via. Uno abita dove è amato. E dove tu abiti? Nella dimora del Padre, cioè nel cuore del Padre. “Nella casa del Padre mio vi sono tante dimore”, vale a dire ”nel cuore del padre mio vi è posto per tutti”, nessuno escluso. Qual è il posto migliore dove potresti stare? Nel cuore del Padre. Il Padre abita pienamente nel Figlio che lo accoglie, il Figlio abita pienamente nel Padre che lo ama, lo Spirito Santo abita pienamente nel Padre e nel Figlio da cui procede. Così anche noi: nel cuore del Padre è la mia casa. Tutta la nostra vita è una continua fuga, un continuo allontanamento, un continuo scappare da qualche cosa. Ebbene, il Padre ti dice, attraverso Gesù, attraverso l’esperienza umana e divina di Gesù “fermati, ritorna, torna a casa, torna a casa tua”, una casa dove non sei un servo, dove non sei uno schiavo, dove tu non sei un prigioniero, ma sei il figlio, libero, amato, perdonato. E tutto questo lo possiamo fare attraverso l’esperienza di Gesù. E nel capitolo 14° di Giovanni ce lo racconta per ben tre volte: è solo attraverso Gesù, è Lui il vero passepartout. L’unico passepartout della storia è Cristo Gesù, è Lui la chiave, è Lui che ci svela il volto del Padre e il volto nostro. Senza Gesù noi viviamo nell’ignoranza di noi stessi e di ciò che ci circonda, Ecco allora, abbiamo detto dinnanzi al turbamento abbiamo la fiducia nel Padre, dinnanzi alla paura dell’abbandono abbiamo il principio “dove uno abita? Dove è amato” e tu sei amato nel cuore del Padre. Non credere cose diverse, non dare retta al maligno: il maligno vorrebbe che tu ti sentissi sempre un maledetto. No, tu sei benedetto. “Venite” dice al capitolo 25° di Matteo, “venite benedetti dal Padre mio”. Tutte le nostre relazioni hanno senso perché significa incontrare Cristo, fare esperienza di Cristo. E allora “venite benedetti dal padre mio” perché “qualunque cosa avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. A chi? A Cristo Gesù, e dunque avete riconosciuto l’amore del Padre. Allora Gesù decide di andarsene, ed ecco lo svezzamento che Gesù fa con noi. Chi ama lascia spazio, chi ama dà uno spazio per crescere, chi ama non soffoca. Gesù dà quello spazio per far sì che la tua vita, la tua fede cresca nella fiducia e nell’abbandono. E questa fiducia, quest’abbandono si chiama si chiama amore. Sentirti amato, e diventare così amante, e ha un nome quest’amore: il dono del Padre e del Figlio si chiama Spirito Santo. Tutta la vita cristiana, dopo la morte e la risurrezione e la glorificazione di Cristo è una vita vissuta nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo non è qualcosa di strano che aleggia sulla nostra testa, è la vita del Cristo risorto nella nostra vita, nella nostra storia, nella nostra presenza, è il vivere dentro un amore generoso e gratuito, un amore che ha l’impronta del Padre e che ha il cuore di Cristo. Ecco perché Gesù può dire “Io sono la via”, cioè “la legge è la mia stessa vita”. Noi siamo abituati a volte (per colpa anche di una nostra certa predicazione, o almeno una predicazione storica) a far coincidere il Cristianesimo con un comportamento. Certo che è fondamentale il comportamento, le scelte, l’agire perché da questo io verifico cosa tu hai nel cuore, nella mente, ma non può essere solo quello. Qual è il vero decalogo di Cristo: la vita stessa di Gesù: “amatevi come io vi ho amato” cioè “fai come ho fatto io”. Ricordate ieri quando vi ho parlato del capitolo 13°: “come ho fatto io fate anche voi”, cioè la nostra legge è Cristo Gesù. Allora ti puoi domandare: il Signore Gesù si riconoscerebbe nelle tue parole, nei tuoi gesti, nelle tue scelte? I tuoi comportamenti sarebbero uguali a quelli di Cristo? Gesù ti direbbe “ecco, sì, anch’io avrei fatto così”? Gesù non solo è la via ma è la verità. Qual è questa verità che Gesù ci svela? E’ Dio e Padre, è che noi siamo suoi figli, che Dio è Padre e quindi è amore, libertà e dono nel Figlio Gesù a ciascuno di noi. Egli è la vita, cioè l’amore del Padre per il Figlio nello Spirito Santo. Ecco perché dinnanzi al turbamento noi abbiamo la fiducia nel Padre, dinnanzi alla paura dell’abbandono abbiamo la consapevolezza che uno abita dov’è amato, e noi siamo amati nel cuore del Padre e abitiamo nel cuore del Padre, nel cuore del Padre c’è posto per tutti. E non solo, questo fa sì che la nostra confusione, il nostro non-senso acquisti luce, perché “mostraci il Padre e ci basta”: è una bella richiesta quella che fa Filippo, certo è ovvio, perché è il cuore di tutto. Mostrare il Padre significa mostrare l’origine, il senso della tua vita, cioè la tua identità, chi tu sei. “Chi sei tu?” Io sono Davide, sono un uomo. “Chi sei tu? La tua dignità è essere figlio di Dio, la tua dignità, la tua gloria è essere figlio di Dio, la tua ricchezza, il tuo potere, la tua carriera, il tuo essere dono per gli altri è essere figlio di Dio”. Solo essere figlio di Dio ti rende erede del Regno celeste. Tante volte noi andiamo dietro a questo e a quell’altro, ci facciamo prendere da questo e da quell’altro: cariche ecclesiastiche, uffici, riconoscimenti, applausi dalla gente, quanto pesa il giudizio degli altri su di noi. Eppure noi siamo figli di Dio e quello che conta è quello che Dio pensa di noi, quello che Dio vuole da noi. Tutto il resto è secondario. Ecco allora che il “mostraci il Padre” dà il senso alla mia storia perché manifesta il desiderio profondo di me stesso in una relazione d’amore. Chi è allora l’uomo? L’uomo è uno che sa amare responsabilmente e sa donare gratuitamente la vita. Come è possibile questo? Vedete, noi crediamo poco alla nostra dignità, forse perché come dicevo ieri, continuiamo a guardarci costantemente, e guardandoci costantemente vediamo solamente le nostre mancanze, i nostri peccati. E’ vero, noi siamo dei peccatori, siamo dei poveretti, almeno io, però Gesù ha voluto farci suoi fratelli e attraverso di Lui figli del Padre Celeste, ha voluto donarci la Sua vita, ha voluto renderci figli della Resurrezione, eredi del Regno. Ecco perché anche noi potremmo fare opere più grandi, perché le opere più grandi sarà continuare a credere nell’amore del Padre per mezzo di Cristo, e a testimoniarlo nello Spirito Santo. L’opera più grande è accendere la speranza che questa vita è molto più bella di quanto si pensi, e vale la pena essere vissuta in pienezza, vale la pena combattere per la vita, vale la pena metterci testa, cuore a azione in questa vita, e annunziare il Cristo Risorto, e annunziare l’amore del Padre, e annunziare che i peccati sono perdonati, e annunziare che non c’è morte che abbia l’ultima parola. Perché Cristo ha vinto la morte. Questa è la nostra speranza, questa è la nostra forza, e non grazie alle nostre capacità ma solamente perché noi siamo gente, poveri che sanno ricevere tutto da Gesù. Questo è il nostro profondo desiderio. E allora ieri vi suggerivo la preghiera di baciare la croce, proprio in segno di contemplazione di questo amore fatto per noi. Oggi vi chiedo un’altra cosa: la preghiera. Pregate per qualcuno, non generico, abbiate qualcuno nel cuore: una mente, un volto, abbiate una persona, una situazione, cercate però di allargare il vostro cuore, non solo quelli strettamente legati a voi, ma anche intorno a voi. Pregate per i vostri nemici, per coloro che vi vogliono male, per coloro i quali non riuscite a perdonare, che vi hanno fatto del male. Pregate, pregate per loro perché sono dei poveretti che hanno ancora più bisogno di misericordia. E vi suggerisco questa preghiera, molto semplice:
Santissima Trinità, misericordia infinita, confido e spero in Te
La misericordia del Padre, manifestata nella croce di Cristo e resa visibile dalla grazia dello Spirito Santo, incida nella nostra vita per fare di noi un canto di lode al nostro Signore Gesù Cristo, per la salvezza di tanti nostri fratelli.
Padre nostro…
Terza meditazione per adulti
Gv 14,27-31
Io vorrei parlare, vorrei gridare, vorrei avere la lingua di un cherubino, vorrei avere parole di un serafino, vorrei avere quelle capacità per far vibrare anime e cuori, e gridare al mondo l’amore di Dio. Sì, qualcuno potrebbe dirmi “ma non sei un poeta, non sei un artista, perché continui a parlare dell’amore di Dio? Non vedi come va il mondo? Non vedi la distruzione, la morte, la sofferenza, non vedi anche la poca credibilità che sta attraversando la Chiesa in questi anni? E tu ci parli dell’amore di Dio? Ma vivi proprio sulle nuvole, sei proprio fuori dal mondo. Sì, è una bella cosa, ci riempie il cuore sentirci dire una parola buona, ma l’amore di Dio, cosa vuoi, non si vede, non si tocca…”. Sbagli, e lo dico con forza, amico, sei in grande errore, io parlo dell’amore di Dio, annuncio la parola di Dio perché solo l’amore conta, solo l’amore vale, solo l’amore può risolvere le cose in questo mondo. Amare Gesù, non l’amore generico, non l’amore astratto, ma amare Gesù significa vivere come Lui nell’amore del Padre e dei fratelli, vivere come Lui. Vi ricordate il capitolo 13 che abbiamo ascoltato, quando Gesù parla della lavanda dei piedi e fa vedere come Lui ci ha amato donando se stesso? Ci ha fatto vedere come nel cuore del Padre ci sono molte dimore e lì è il nostro posto, nessuno escluso, e qui significa amare concretamente Gesù, la persona di Gesù, vivendo come Lui. Andandosene da noi Gesù non ci lascia orfani, non è uno che ha finito il suo lavoro, timbra il suo cartellino e se ne torna a casa, Gesù ci manda il suo Spirito che ci permette di amare come Lui.
Credo che in questo nostro contesto forse non riusciremo neanche a fare la Pasqua insieme, però sarà molto facile che riusciremo a fare la Pentecoste insieme, che è una Pasqua, i 50 giorni dopo la Pasqua: sarà quella la nostra Pasqua, il giorno di Pentecoste. Forse capiremo ancora meglio quanto questo sia il tempo dello Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo ci rende capaci di vivere come Gesù, di essere presenza di Gesù in questo mondo. E allora non dobbiamo dire “eh vabbè, il 12 aprile non possiamo far Pasqua, è passata anche questa nella tristezza”. No, la nostra mente, il nostro cuore deve prepararsi alla Pentecoste, pregate già ora lo Spirito Santo, invocatelo con la Sequenza o con un’altra preghiera allo Spirito Santo, invocatelo su di voi, sui vostri cari, sugli ammalati, sul mondo, sulla Chiesa, sui sacerdoti, invocate lo Spirito Santo. Prima abbiamo fatto le suppliche ma io non vi nascondo che io tutti i giorni recito la coroncina allo Spirito Santo, è una piccola corona dello Spirito santo che invoca lo Spirito Santo sul mondo. Allora anche noi facciamo così, perché è lo Spirito Santo che ci permetterà di vivere questa esperienza di identità con Gesù. Se prima Gesù era con noi, presso di noi, d’ora in poi sarà in noi. Chi ama è dimora dell’amato, lo porta nel cuore come sua vita. Noi lo vediamo perché si manifesta a noi nello Spirito, e il modo nuovo di vedere Gesù sarà quello dell’amore, perché è l’amore che vede, non gli occhi, è l’amore che vede, si vede con il cuore. E c’è un verbo che dice di vedere con il cuore: vedere con il cuore significa avere compassione, significa che il tuo cuore freme verso il fratello. Una persona è presente se l’ami; se non l’ami, anche se c’è, ti dà fastidio, solo la sua presenza ti urta. Se invece non c’è, certo che senti la mancanza ma la porti sempre nel cuore. Quando tu dici a una persona “ti porto nel cuore” (e per noi sacerdoti dire a una persona “ti porto nel calice” -che è il cuore di Cristo- è la massima espressione d’amore che noi possiamo dire ad una persona), se ami la porti nel cuore, se ami vi è la presenza. La nuova presenza di Dio nel mondo, la nuova alleanza, è quella di un cuore nuovo che ama come è amato, e si manifesta appunto nell’amore, nella gioia, nella pace. Ecco perché Gesù inizia questo brano dicendo “vi lascio la pace”. Se tu ami Gesù, ami il Signore, vuol dire che lo porti nel cuore, non ti è indifferente anche se ti è lontano, anche se in questo momento non puoi andare in chiesa, anche se non puoi fare la Comunione, anche se non ti puoi accostare ai Sacramenti. Se lo ami lo porti nel cuore. Vuol dire che custodisci le sue parole. Esponimi un po’: quante volte hai letto il Vangelo in questi giorni? quante pagine del vangelo hai letto? ti ricordi quello che hai letto? Ecco, amare il Signore significa portarlo nel cuore, far sì che la Sua vita sia sempre presente in noi, in ogni istante della sua esistenza. Se ami i fratelli riconosci il Padre perché hai lo stesso amore del Padre verso i fratelli, e ti sentirai figlio e conoscerai l’amore del Padre che è lo stesso che tu hai verso i fratelli, ed è per questo che tu lo conoscerai. Ma ancora di più: se tu ami e osservi la Parola di Dio, la parola di Gesù, sperimenterai di essere figlio, sperimenterai di essere amato dal Padre perché ami i fratelli. E poi farai un’esperienza più profonda: farai l’esperienza della convocazione. Non solo chi ama è dimora dell’amato (cioè se lo porta nel cuore), non solo vede con il cuore, ma diventa convocazione: il Padre e il Figlio, nello Spirito Santo, vengono ad abitare nel cuore, verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui. E’ l’inabitazione trinitaria che sembra un atto mistico ma in realtà è l’esperienza concreta di tutti i cristiani: avere un’esperienza profonda della Trinità perché noi siamo stati fatti ad immagine e somiglianza di questa Trinità. Quando uno ha colto e ha sentito questo amore non può dire di no, perché finalmente è libero dalla paura e sa quanto è amato, il suo cuore trova ciò che disidera e dice sì. Se non dice sì è perché ha paura che non sia vero. Vi ricordate quando vi dicevo che troppe volte noi siamo abituati all’esperienza di un amore interessato, e facciamo fatica a credere a un amore gratuito, che ci possa amare realmente senza fregatura? E qual è il segno dell’amore di Dio gratuito e assoluto che non inganna? La croce di Cristo: non vedi che è un abbraccio? Non vedi che continuamente tiene le braccia aperte per dire “vieni, vieni a me, stai soffrendo, sei lontano, non sai a chi rivolgerti, non sei solo, io ci sono, sono qui, sono nella tua sofferenza, abito la tua sofferenza, spalanco le mie braccia dinnanzi la tua sofferenza, ho il cuore trafitto dalla lancia perché il mio sangue purissimo e preziosissimo possa discendere su di te e possa tu essere allievato e aiutato e aiutato, guarito da tutto ciò che ti impedisce di essere un uomo libero? Ma soprattutto guarda quanto ti amo; solo così tu potrai capire quanto tu sia importante per me”. Non puoi dire di no a un Signore così. E allora dice Gesù: “se mi amaste vi rallegrereste perché io vado al Padre”. Dobbiamo rallegrarci che Gesù si allontana da noi? In parte sì, certo che ci dispiace non avere il Signore vicino sempre come noi vorremmo, ma proprio perché il Signore – come dicevamo ieri- ci dà quello spazio di crescita, sappiamo che l’andare al Padre significa che la Sua promessa viene mantenuta, significa che il nostro atto di fede, di fiducia nei confronti del Signore non viene mai meno. Ora non è più presso di noi, però è ancora presso di noi attraverso la Parola del Vangelo. Lui ci parla attraverso il Vangelo, ecco perché in questi giorni anche di Quaresima non puoi non leggere il Vangelo. Il tempo in cui Gesù è stato tra noi è il centro del tempo: obbedisci al tempo, non stare lì a vivere la tua vita come un animale in gabbia. Obbedisci al tempo: non puoi uscire di casa, non puoi andare a lavorare perché le leggi dello stato in questo momento ti dicono “sta a casa”? Approfitta, vivi bene il tempo, qualifica bene il tuo tempo, perché il tempo che tu hai è Gesù, è Gesù il centro del tempo, lì tutto è compiuto. Dio ci ha dato tutto, e il tempo successivo a cosa serve? Se la Passione di Gesù è il tempo compiuto, il tempo successivo serve per approfondire ciò che ci è stato donato. Tutta la nostra vita non è nient’altro che un approfondire ciò che ci è stato donato. Vi faccio un esempio: se io ricevo un grande dono, mi domando perché ricevo questo dono, chi me l’ha fatto questo dono, cosa ha voluto dirmi, cosa significa questo dono per lui e cosa significa per me. Tutte queste domande sono un approfondimento di un gesto assolutamente gratuito. Gesù si è donato gratuitamente per noi, totalmente, in un gesto di amore folle e assoluto sulla croce. E noi siamo chiamati a vivere questo nostro tempo approfondendo, riflettendo, cercando di capire perché ha voluto donarsi così, perché ha voluto fare della sua vita un gran dono a noi. E Gesù ci manda il suo Spirito, Dio ci ha detto e dato tutto se stesso quando è stato tra noi, anzi ce l’ha dato da prima dell’eternità, ma con Gesù ce l’ha rivelato definitivamente. Però Gesù che se ne va non ci lascia soli ma ci manda il Consolatore, lo Spirito Santo, che è Spirito di verità, lo Spirito è la vita, e la vita di Dio è l’amore. E questo è l’amore che ci farà conoscere quello che Gesù ci ha detto, ti dice ciò che Gesù ha detto nel Vangelo, non c’è nulla da dire, nulla da aggiungere, nulla da togliere, solo che te lo dice e ti dà la forza di viverlo perché solo l’amore ti fa capire, ti fa fare. E allora ecco i tre passaggi:
1) chi ama è dimora dell’amato, se lo porta nel cuore
2) chi ama vede con il cuore e non solo con gli occhi (quindi significa che è capace di una presenza diversa)
3) la tua vita diventa un tempio, una convocazione sacra, viene ad abitare in te la Santissima Trinità.
Questi tre passaggi sono possibili perché giunge a te in tutta la pienezza lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, come vi accennavo ieri, non è qualcosa che ci vola sopra la zucca e che non si capisce cosa sia, ma è la terza persona della Santissima Trinità, è la vita stessa di Dio. Lo Spirito Santo viene a te per farti comprendere, per farti capire ma soprattutto per darti la forza di attuare, di rendere storia l’amore di Dio. Gesù spiega cos’è questa pace: non è la pace romana (che fondamentalmente è una pace di dominio e di violenza), non è neanche una pace stoica (per cui non ti interessa quello che c’è intorno a te), non è neanche una pace perniciosa (per cui fondamentalmente ti metti il cuore in pace dinnanzi ai tuoi limiti, ai tuoi difetti, ai tuoi peccati), ma la pace che Gesù ci dà è frutto di un amore più grande della vita e della morte, per questo la supera, è quella pace che può esistere anche dopo la morte: la Pace. C’è una beatitudine nel discorso della montagna, che dà identità: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”: solo colui che ama il Signore, che è dimora dell’amato, che vede col cuore, che è convocazione sacra, che è animato dallo Spirito Santo può essere operatore di pace. Perché? Perché non porta una capacità sua di estinguere le contese, ma porta l’amore. E l’amore è perdono, l’amore è luce, l’amore è verità, l’amore è giustizia, l’amore è misericordia. Ecco, pace che viene da un amore che è più grande di tutto perché hai scoperto la perla preziosa. Ed è una pace chiaramente insidiata, ecco perché ce la vogliono portare via. Il Vangelo se volete è proprio quella perla, quel campo prezioso che va ricercato, per cui tu vendi tutto perché quella perla preziosa vale tutto. Il Vangelo vale tutto, non è qualcosa che si aggiunge alla tua vita perché tu sia più buono, è la tua stessa vita. Quando ci si innamora, quando si ama realmente qualcuno, si dice “tu sei la mia vita”. C’è anche un canto in chiesa molto conosciuto, quasi abusato potremmo dire tanto viene cantato “Tu sei la mia vita”, ma è realmente così? E’ realmente la nostra vita Gesù? Non un dio astratto, non un dio anonimo, ma Gesù , è realmente così? La vita è dono d’amore e resta dono d’amore in eterno. Noi celebriamo l’Eucarestia proprio perché Gesù ha dato la vita per noi, cioè ringraziamo e abbiamo la gioia, la certezza assoluta del suo amore che è finito in croce, è tornato al Padre, il Padre è più grande del Figlio. Gesù dice che adesso finirà di parlare con i suoi discepoli perché viene Satana, il capo di questo mondo. Satana significa avversario, è colui che si contrappone. Vi ho già detto che l’opera del maligno è quella di farci credere di essere maledetti, ma non solo: quella di farci credere di essere maledetti e che Dio abbia smesso di amarci, che Dio ci ha abbandonato nell’oscurità più profonda, alla morte, e che lui è il signore delle tenebre, dunque il nostro unico signore. No, questa è un’assurdità. Gesù lo sconfigge definitivamente; tenterà di togliergli la vita ma a Gesù la vita non gliela toglie nessuno, è Lui che la dona. E’ l’amore che sconfigge il demonio, è l’amore che libera, è l’amore che dà luce, è l’amore che è speranza, è l’amore donato concretamente di Gesù sulla croce, ed è questo che fa che sia un limite al male. Quando noi diciamo “c’è una barriera, un limite, un confine al male nel mondo?”. Sì, è il confine del male nel mondo – lo diciamo ogni volta nella messa quando diciamo “ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie, prendendolo su di sé, tutto il peccato del mondo”. E lo distrugge, lo annienta, perché solo Lui può farlo, perché è l’Amore, l’amore del Padre. Ecco, il capo di questo mondo viene per prendere Gesù ma è proprio così che Gesù dimostrerà l’amore fino all’estremo, non solo l’amore che Lui ha per il Padre (“Padre glorifica il tuo nome”) ma anche l’amore che il Padre ha per il mondo. Non c’è amore più grande di questo: il Padre ha dato il proprio Figlio per la nostra salvezza, perché il Padre ha comandato al Figlio di deporre la sua vita per i fratelli. Ecco perché non c’è amore più grande che dare la vita per qualcun altro. E allora concludendo questa bellissima Parola del Signore: ciò che conta è amare. Ricordatevi questi tre passaggi: colui che ama
- è dimora dell’amato, cioè lo porta nel cuore
- vede con il cuore
3. riesce a ospitare l’amore
E tutto questo è possibile grazie all’azione dello Spirito Santo che bisogna invocare perché ci fa comprendere cos’è l’amore e ci fa vivere profondamente l’amore.
E allora voglio chiudere con una concretizzazione, qual è il segno che possiamo fare: fate un gesto d’amore, pensateci, non fatelo a caso. Troppo spesso l’amore è improvvisato, troppo spesso l’amore, che è la cosa più bella che noi abbiamo, è buttato lì come se fosse una spruzzatina di farina o zucchero filato; no, no, non si improvvisa l’amore, non si improvvisa. Pensate a un gesto d’amore a una persona cara a cui volete bene e fatelo, fatelo con la consapevolezza di fare questo gesto d’amore.
Da leggere, e così chiudiamo, il capitolo 13° della prima lettera ai Corinzi (l’inno alla carità). Questo sia per tutti un invito concreto a capire cos’è l’amore: amate, fate gesti d’amore, leggete la Scrittura, e sappiate di essere sempre amati dal Signore.
Padre nostro….
Quarta meditazione per adulti
Gv 16,7-15
E’ questo il discorso dell’addio. Quando una persona ci lascia dice delle cose importanti, che fanno un po’ la sintesi del suo percorso terreno. E anche Gesù fa la stessa cosa, vuole dirci la sintesi di tutto il messaggio, vuole far sì che la nostra vita sia a conoscenza del segreto che lo unisce al Padre, vuole farci sentire il suo cuore. Noi, come Giovanni nel capitolo 13°, dobbiamo appoggiare il nostro capo sul petto di Gesù (“reclinate il capo sul petto di Gesù”). Gesù entra direttamente nella nostra vicenda e affronta quello che maggiormente ci spaventa. I discepoli sono tristi perché Gesù se ne va. Tutti noi facciamo l’esperienza di quanto sia problematica l’esperienza dell’abbandono, del sentirsi abbandonati, del sentirsi non più presi in considerazione, curati, protetti, custoditi. L’abbandono, la solitudine, la paura. Cosa faremo adesso che il Signore non c’è più? Già l’altra volta abbiamo affrontato questo tema per cui non mi soffermo. Ma attenzione: potremmo definire questi 7 versetti la pedagogia dello svezzamento di Gesù per i suoi discepoli. Gesù ci svezza, cioè ci fa crescere. Non è possibile mantenersi legati al seno materno, è necessario staccarsi dal seno materno e imparare a mangiare da soli. Il genitore sa cosa significa staccare il bimbo dal proprio seno e insegnargli a darsi da fare. Noi dobbiamo imparare la disciplina, ad ascoltare l’insegnamento, la pedagogia di Gesù che ci vuole svezzare a diventare adulti. Ma attenzione: l’adulto non è colui che è autonomo, fa quel che gli pare al di là di Gesù stesso, ma è colui che sa essere discepolo (cioè “disco”=imparare, viene da “audire”=ascoltare). Gesù se ne va, ma è proprio il suo andarsene che ci dimostrerà tutto il suo amore, che ci darà il suo Spirito. Lo Spirito Santo sarà il nostro consolatore, il nostro avvocato, non ci lascerà mai soli, ci farà entrare nel mistero del Figlio e ci farà capire tutta la verità, la verità di Dio (chi è Dio) il volto di Dio, e qual è il nostro volto. E’ l’unica verità che conta, che Dio, il Cristo Gesù, ci ama di amore tenero e infinito e noi siamo teneramente amati e infinitamente amati da Lui. E lo siamo come punto di partenza, non come punto di arrivo. Gesù cerca di spiegare che la croce non è il fallimento, la sua croce (e la nostra croce) non è il fallimento, ma è da parte sua la realizzazione piena della propria divinità. Perché Gesù sulla croce si rivela, la gloria di Cristo si rivela nella croce. E’ interessante: sono proprio le esperienze più fragili, le esperienze più umilianti, almeno dal punto di vista del mondo, che diventano quelle più profonde, più grandi. L’esperienza della croce ci manifesta la gloria di Dio, e se tu sai stare sulla croce per amore e con amore, allora verrai glorificato. Proprio nel suo andarsene Gesù manifesta l’amore del Padre, l’amore infinito per noi. Il suo dare la vita sulla croce è il mezzo con cui Lui ci dona la sua vita, il suo Spirito, il suo amore, e ce lo dona totalmente, e quindi noi possiamo vivere di questo amore. Vivere dell’amore è vivere di Cristo. Quando San Francesco viene definito “alter Cristus” è mica solo per le stigmate, è perché attraverso il suo cuore amante scoprivano la tenerezza della paternità di Dio, di San Francesco ma anche di tanti altri santi. Perché i santi ci attirano? Proprio per questo motivo: perché loro ci fanno vedere la presenza di Dio, ce la fanno quasi toccare la presenza di Dio. E allora perché loro sì e io non posso? Puoi, ma devi amare, imparare ad amare. Infatti se uno vuol vedere Dio che è Padre deve guardare il volto dei fratelli, la conversione passa dalla fraternità, non ci sono altre vie, non puoi dire di amare Dio che non vedi se non ami i fratelli che vedi, devi amare i fratelli, la fraternità è il criterio con cui tu puoi verificare se il tuo amore verso Dio è autentico oppure è solamente un’utopia pseudoreligiosa. Dove ci sono dei fratelli che hanno lo spirito del Figlio lì c’è il Padre, e si vede il Padre. E allora, lo Spirito Santo che cosa testimonierà a noi? Testimonierà che significato ha avuto la presenza di Gesù, perché capiremo cosa ci ha donato con la sua partenza. Quando uno perde qualcosa di importante, o qualcuno di importante, lo apprezza dopo, e così vale anche per Gesù: Gesù per farci apprezzare la sua presenza deve allontanarsi da noi, deve andarsene. In un certo qual modo Dio permette il peccato perché tu possa sentire la nostalgia del ritorno, il ritorno alla vita bella, pulita, una vita autentica, vera, giusta, misericordiosa, in pace. Ma è necessario che tu perda tutto questo per imparare cosa significa questo dono. Diventiamo adulti: è questo lo stacco che ci fa nascere e diventare adulti. Ma se Lui non se ne va questo non capita. E dove se ne va Gesù? Il dove di Gesù è importante, perché il dove di Gesù, del Figlio, è l’amore del Padre e dei fratelli. I discepoli invece pensano che il dove di Gesù sia quello di Lazzaro (“dove l’avete posto?”). Per noi, per la nostra esperienza umana, il dove finale è la tomba, tutti finiamo lì. No, non è vero. Ci sono cristiani che vivono una fede di tomba, una fede tombale, c’è chi ha costruito delle comunità cristiane che sono delle piramidi, belle, stupende, ma peccato che si sono dimenticati che la piramide è una tomba, non è un posto dove tu abiti, non è una festa, non è un luogo di comunione, è una tomba, bella, tomba però, tomba è e tomba rimane. Noi non dobbiamo abitare le tombe, solo l’indemoniato abita tra i sepolcri, noi invece abitiamo nella vita, abbiamo bisogno di cose vitali, e per avere cose vitali non bisogna moltiplicare gli impegni pastorali ma bisogna qualificare la fraternità. Solo una fraternità autentica, onesta, bella, rude se volete, manifesta la grazia del Cristo Risorto. La nostra vita è l’amore per i nostri fratelli, è l’amore del Padre, e il nostro dove odorerà di vita eterna. Tutto quello che tu fai deve avere il profumo della vita eterna, non la puzza di morte, ma di vita eterna. La tristezza ha riempito il cuore dei discepoli, è quella tristezza che tutti provano per la morte di Lazzaro, sarà la tristezza che ha provato Gesù stesso, l’angoscia dopo aver detto che il chicco di grano caduto in terra deve morire per portare frutto. Non ce lo dimentichiamo, dobbiamo ricordarcelo soprattutto in questo tempo di epidemia: il chicco di grano deve morire per portare frutto. Questa esperienza forte di vulnerabilità, di fragilità, questa esperienza di morte, per la comunità cristiana è come il chicco di grano: deve imparare non a temere Dio perché altrimenti gli succede qualcosa di peggio, ma deve imparare a morire per portare frutto. Dobbiamo risvegliare una fede più autentica, dobbiamo risvegliare una fraternità più autentica, dobbiamo risvegliare una preghiera che sia realmente una preghiera di amore, di speranza, di forza. Sarà l’angoscia anche delle donne che vanno al sepolcro al mattino di pasqua, che lo cercano tra i morti ma Lui è vivo. Molti cristiani cercano Gesù tra i morti ma Lui è vivo. E dove lo vedo che è vivo? Lo vivi nei Sacramenti, lo vivi nella fede, lo vivi nella tua vita ordinaria, ma lo vivi soprattutto insieme a una fraternità. Sapere che tu non sei solo. Dobbiamo restare vicini a coloro che hanno perduto i loro cari, dobbiamo stare vicini a coloro che sono nella tribolazione, nella paura, anche nella rabbia, dobbiamo stare vicini a loro. Non abbiamo la soluzione per tutto perché l’unica soluzione è Gesù Cristo, ma dobbiamo presentare a loro la nostra debolezza convinti che solo Gesù possa essere il punto di arrivo. E allora pregare con loro, volergli bene, fare tutto quanto ci è possibile perché la loro vita e la nostra fraternità possano essere un canale d’incontro con Cristo Signore. Stare attenti, perché davanti al nostro futuro, se ci pensiamo bene, noi siamo un po’ tristi, perché pensiamo che il nostro futuro sia un declino costante, e questo è il nostro inganno. Il nostro futuro è invece è il ritorno al Padre, e questo futuro si vede già ora amando i fratelli. L’esperienza di Pasqua sarà il passaggio dalla tristezza alla gioia. Questa tristezza è l’inganno fondamentale della vita, che ci rende impossibile vivere contenti, e quindi cerchiamo di dimenticare che siamo uomini, che siamo creature, che siamo limitati, contingenti, e cerchiamo la gioia per frastornarci la mente in tutto ciò che gioia non ci dà, e che inevitabilmente ci porta ad andare verso la morte, e questa tristezza è molto pericolosa. Ecco perché dobbiamo aiutarci vicendevolmente anche nella correzione fraterna per avere una parola buona, benevola, benedicente, per creare degli spazi per i nostri ragazzi dove possano divertirsi e gioire con cose buone, belle, degne di nota, qualcosa che possa far sviluppare anche un po’ l’intelligenza oltre che la creatività. Tutto questo si può fare bene solamente se viviamo bene il tempo. Non dobbiamo aver timore del tempo, del tempo che passa, e lo dico in particolare ai miei fratelli più anziani. C’è un tempo per ogni cosa, c’è una fase per ogni cosa. Noi dobbiamo rispettare il tempo che passa e gioire del tempo avuto e offrire al Signore il tempo che ci rimane.
Gesù parla di tre operazioni che lo Spirito Santo fa nei confronti del mondo, riguarda il peccato, la giustizia, il giudizio. Il mondo è tutto ciò che si oppone alla missione redentrice di Gesù, e sono quelle strutture di male che hanno come capo Satana, l’avversario per eccellenza. Il peccato qual è? Che non credono nel Figlio. Ogni fallimento della vita nasce dal fatto che uno non crede nel Figlio Gesù. Perché se perdi di vista la stella polare tu non stavi andando da nessuna parte, sei un navigante che non sa qual è la sua rotta. Il peccato è quello che lo Spirito Santo ribalta perché fa vedere che la croce di Cristo non è il fallimento, bensì l’esperienza dell’amore di Dio, e tu non puoi non credere a un Dio che si dona a te totalmente e generosamente senza riserve. Ecco la menzogna che il demonio vuole suggerirci: che in realtà l’amore non esiste, che esiste l’egoismo, la prepotenza, che esiste l’arrivismo, che esiste la finzione, che esiste solamente l’autoaffermazione. No, solo una vita donata ha senso. E poi attraverso la giustizia: l’affermazione verso la giustizia è che l’amore ha ragione. Ha ragione, è il mondo ad aver torto, ha ragione perché l’ingiustizia, la cattiveria, il male non hanno l’ultima parola, non possono essere l’orizzonte dell’uomo. Solo l’amore ha senso. E poi sul giudizio, perchè colui che è l’ingannatore per eccellenza, il padre della menzogna, è stato gettato fuori. Satana ha perso, Satana è sconfitto, Satana è talmente arrabbiato che gli rimane poco tempo. Dio è eterno ed è per questo che è misericordia, è pazienza infinita, perché è eterno. Solo colui che crea il tempo ma è fuori dal tempo, governa il tempo e la storia, può essere misericordia e amore. Colui che invece vive anche lui, soggiace al tempo, che vuole dominarlo ma non ci riesce, è solamente un gran frustrato, e questo è il demonio, e gli rimane poco tempo. Ma Gesù lo sconfigge. Lui che pensava che inchiodandolo alla croce in modo infame avesse messo fine all’opera di Gesù, invece è stata proprio la sua vittoria. “O morte sarò la tua morte”. Satana ha perso, non dateci retta, Satana ha perso, guardate al Cristo Signore. E chiudo con questo riferimento: “Ho molte cose da dire a voi ancora ma lo Spirito Santo ve le dirà”. Tra l’andata via di Gesù e il suo ritorno ultimi c’è lo spazio della nostra storia, lo spazio della nostra storia è all’interno di due assi temporali che sono la storia di Cristo e il ritorno di Cristo. E all’interno di questo asso temporale molto particolare è la nostra storia, dove noi scopriamo che non c’è amore più grande e più indicibile di quello di Cristo Gesù. E solo colui che ama lo sa accogliere, lo sa leggere, lo sa capire, lo sa portare dentro di sé. Come farà a glorificarmi lo Spirito Santo? Perché mi dirà tutto quello che Gesù è stato, tutto quello che Gesù ha detto, tutto quello che Gesù è. Lo Spirito Santo ci dà tutto, Dio ci fa entrare nella trinità come figli: questo è il grande dono dello Spirito Santo, per questo Gesù dice “che prenderà del mio e ve lo ripeterà”, cioè lo Spirito Santo attualizzerà in noi ciò che Gesù ha detto e ha fatto. Mentre nella parabola del seme gettato per strada i corvi vengono a portarsi via il seme, le piante soffrono il seme della parola, i sassi non permettono che il seme possa prender frutto, lo Spirito Santo fa sì che tu diventi fecondo. Quante volte ci siamo detti che la nostra vita non ha quello scatto di qualità che vorremmo avere, quante volte ci siamo rammaricati perché la nostra vita non ha quell’esplosione di forza, quell’esplosione di grazia che noi vorremmo, quante volte ci siamo lamentati di accontentarci come delle galline che ruspano per terra. Sapete perché questo succede? Perché manca lo Spirito Santo. Bisogna invocare lo Spirito Santo, tu devi essere riempito dello Spirito Santo perché è lo Spirito Santo che ti fa ricordare e ti fa vivere la paternità di Dio, ti fa vivere, ricordare che tu sei figlio amato, perdonato, ti fa ricordare, ti fa vivere che tu sei fratello di altri fratelli e che insieme siamo connessi. Solo così noi possiamo testimoniare al mondo la verità di Dio: che Dio è Padre, che noi siamo suoi figli, e tutti fratelli, che Dio è amore, e l’amore vince sempre, che l’amore tutto può, “l’amore tutto” dice santa Teresina del Bambin Gesù, ma non tutto è amore. L’amore è tutto, perché l’amore è Dio, ma non tutto è Dio. Ci sono molti aspetti della nostra vita che vanno convertiti, ma non dobbiamo pensare che la conversione sia un atto, uno sforzo di volontà per cui mi devo mettere in riga. No, non mi devo mettere in riga, devo semplicemente lasciarmi amare, lasciarmi amare da Dio e amare profondamente i miei fratelli. Ci aiuti il Signore in questo duro cammino: è un duro cammino perché costa fatica, mollare le abitudini dell’uomo vecchio non è cosa da poco. Però siamo fiduciosi perché il Signore ci vuole bene, il Signore non ci mette sotto esame, il Signore vuole semplicemente che gli permettiamo di fare opere grandi nella sua vita, e lo Spirito Santo è proprio questo. Ecco perché vi chiedevo di preparare già adesso la Pasqua sicuramente, ma addirittura la festa di Pentecoste, invocando lo Spirito Santo su quell’ambito della vostra vita dove particolarmente fate fatica. Se io faccio fatica nell’essere veritiero perché dico tante menzogne chiederò allo Spirito Santo che è Spirito di Verità di convertirmi, se io sono uno che si nasconde, si camuffa, cerca sempre il compiacimento degli altri chiederò allo Spirito Santo di rendermi più autentico, se sono un infedele, se sono un impuro, se sono caduto nella lussuria chiederò allo Spirito Santo il dono della castità. Galati capitolo 6°: i doni dello Spirito Santo sono fondamentali. Ma bisogna chiederli.
Puntate a cose grandi, puntate a cose alte perché voi siete fatti per essere persone grandi. “Sono nato per le cose grandi”. E la cosa grande è l’amore di Dio che lo Spirito ci ricorda e ci fa vivere.
Padre nostro..
Quinta meditazione per adulti
Gv 17-1,19
Non vi nascondo che questo è un brano molto denso, molto bello e soprattutto impregnato di una intimità di Gesù, del cuore stesso di Gesù; potremmo dire che entriamo nel cuore stesso di Gesù per capire cosa vi è dentro, per cui dobbiamo farlo non con prepotenza, ma con tanta umiltà e in punta di piedi.
Il capitolo 17° è una preghiera: è bello chiudere gli esercizi con una preghiera. Dimmi come preghi e io ti dirò chi sei: la preghiera dice molto di noi, le preghiere sono i mezzi. In questi giorni ho sentito un video di un giovane sacerdote, parla della preghiera, credo l’abbia fatto per degli adolescenti, il linguaggio era un po’ quello. Ma bisogna fare attenzione perché per parlare in modo semplice della preghiera non bisogna essere banali, la preghiera è una cosa seria, la preghiera dice la tua intimità di cuore, dice che cosa hai dentro, non solo cosa hai in testa. E in tutti i nostri esercizi abbiamo voluto cercare di scoprire questo segreto che portiamo dentro.
Il capitolo 17° è la preghiera di Gesù per noi: sono tre elementi che non bisogna dimenticare. La preghiera di Gesù non è una preghiera qualsiasi, non è la preghiera di chiunque, non è un generico, è la preghiera di Gesù. E come noi ci siamo detti, se le ultime parole di Gesù sono parole importanti perché sono il suo testamento, questa preghiera ne è il sigillo. E allora non possiamo essere banali. Gesù vuole svelarci un segreto. E poi questa preghiera non è una preghiera semplicemente formale, estetica, ma è una preghiera al Padre, c’è una relazione d’amore. Non solo: è una preghiera di Gesù al Padre per noi. Chi c’è nel cuore di Gesù? Il Padre. Ma nel Padre ci siamo noi. Gesù prega per noi. Spesso noi preghiamo Gesù, ma scordandoci che prima ancora delle nostre preghiere è Gesù stesso che prega per noi. Questo lo dico soprattutto per coloro che fanno più fatica a pregare. Non temere, Gesù prega per te, tu sei nel cuore di Gesù, sei nello sguardo di Gesù.
E’ un commento quasi potremmo dire al Padre nostro, perché possiamo vivere da figli e da fratelli. La croce è l’ora in cui Gesù rivela la sua gloria, è la stessa del Padre, l’amore. Dall’alto di essa ha il potere di darci la vita eterna, non un dono qualsiasi, la vita eterna. Qui in gioco c’è la vita eterna, il senso compiuto di un’esistenza, e la vita eterna è conoscere che e come siamo eternamente amati dal Padre e dal Figlio. Questo è il ritornello. L’amore è tutto. Questo inizio della preghiera di Gesù comincia con la parola Padre, e poi termina con la parola Padre. Si parla del Figlio e in mezzo si parla del potere del Figlio che è quello di trasmettere ai fratelli la gloria del Padre. E il tema del brano è la gloria, come lo sarà poi tutto il testo. La gloria è lo splendore di Dio, che è proprio di Dio, che viene comunicato a noi ora, è il dialogo del Figlio e il Padre, dove non comincia con “l’io” il dialogo ma comincia con il “tu”, con il Padre. Ecco, questa è la prima battuta che vorrei dedicarvi: incomincia con il tu, non cominciare la tua preghiera con “io” ma con il “tu” cioè con il Padre, guarda al Padre. Il Padre è il tuo orizzonte come lo è stato per Gesù. Ma non solo. Gesù alza gli occhi verso il cielo. Ed è il secondo passo che facciamo insieme: dove è il tuo occhio lì è anche il tuo cuore. Dove è il tuo sguardo? “Alzo gli occhi verso i monti; da dove mi verrà l’aiuto?” L’aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra. L’aiuto viene dal Signore. Dobbiamo ricordarcelo. Il nostro occhio è rivolto al Padre, quel Padre fa sì che Gesù sia Figlio, per cui all’inizio Gesù comincia in terza persona poi passa alla prima persona, ma prima c’è il “tu”. E dopo, questo io e questo tu hanno un terzo ruolo fondamentale: se Dio è Padre, Gesù è Figlio, Gesù è Figlio perché gli altri sono fratelli, e allora tutta la preghiera è rivolta ai fratelli. Vi ricordate quello che vi ho detto all’inizio? E’ la preghiera di Gesù al Padre per noi. Dov’è lo sguardo di Gesù? Lo sguardo di Gesù è rivolto al Padre, ma nel cuore del Padre vede ciascuno di noi. E allora tu ti puoi chiedere: quando preghi a chi ti rivolgi? A Dio, certo, ma lo vedi come Padre? Lo chiami come Padre? E nel cuore di questo Padre quali fratelli vedi? Per quali fratelli preghi? In quest’ora Gesù dice “Glorifica il Figlio tuo” Cioè gloria in ebraico significa “dare peso”, noi lo diciamo in modo popolare “è una persona di peso, una persona importante, una persona di sostanza”. Ecco, il tuo peso specifico è l’amore, perché solo la gloria di Dio vi dimostra quanto tu sia amato da Lui, quanto tu sei amato da Cristo, quanto tu puoi amare in nome di Dio, in nome di Cristo i tuoi fratelli. Tu sii una persona di peso, non solo per il tuo peso corporeo, non solo per le tue qualità, non solo per la tua affermazione lavorativa, tu sii una persona di peso nell’amore. Vi invito per esempio a leggere la vita di don Benzi, quel sacerdote riminese che ha aiutato tante prostitute a uscire dal giro della prostituzione e ha aiutato anche tanti uomini, fratelli e sorelle, a riprendere una via giusta. Lui è stato un sacerdote di Dio: sempre in abito talare, sempre con il breviario in mano, sempre con il Vangelo, un uomo di Dio. Andate a leggere la sua vita, molto bella, e vi innamorerete di come la gloria di Dio si manifesta in questo piccolo uomo che fa del suo peso specifico l’amore. Ma non solo: l’origine della gloria è il fatto che il Padre ha dato al Figlio. La parola dare esprime il dono, è la caratteristica fondamentale di Dio, e anche questa è una buona riflessione: Dio non possiede, dà. Perché le tue relazioni sono relazioni di possessione? Perché tu vuoi possedere, prendere, dominare? Perché tu vuoi sempre bloccare l’altro in una forma di gabbia, di ricatto affettivo continuo? No, la parola dare dice dono, Dio non possiede, Dio dà. E che cosa dà Dio? La vita, e non la vita qualsiasi, la vita eterna. Lui, il creatore della vita ordinaria, della vita normale, della vita fisica, e che mantiene tutto l’essere nell’esistenza, ti dà la vita eterna. Cos’è la vita eterna? Conoscere il Padre. E cos’è conoscere il Padre? E’ la gloria di Dio. Gesù spiega cos’è la vita eterna: è prendere coscienza dell’amore, la vita eterna è conoscere il Padre. La vita del Figlio, tutto il ministero di Gesù è stato quello di rivelare il volto del Padre. Conoscere, prendere questa coscienza dell’amore del Padre. Allora hai il tuo peso, la tua gloria, la tua identità e hai questo amore, ti vuoi bene e sai voler bene. Interessante: se scopri il volto di Dio che è Padre ti vuoi bene e vuoi bene. Vi ricordate che Gesù dice “ama il prossimo tuo come te stesso”; ma se tu non cominci a volerti bene come fai ad amare gli altri? Non puoi amare gli altri annullandoti, non puoi amare gli altri sacrificandoti e portando tutto il rancore nel cuore, devi volerti bene. Devi volerti bene non solo come atto psicologico, di sanità mentale, ma soprattutto perché riconosci la paternità di Dio. Sai che Dio è Padre e ti senti amato da questo Padre, ti senti voluto bene da questo Padre, di conseguenza ti vuoi bene e vuoi bene agli altri. E andiamo avanti: “Ti ho glorificato (cioè ho manifestato) sulla terra” -dice Gesù- “agli uomini il tuo amore”: è il senso della Sua vita, Gesù manifesta l’amore del Padre agli uomini, a noi. Ti puoi domandare: qual è il senso della tua vita? Che orientamento ha la tua vita? Sono gli altri a determinare le tue scelte? Sono gli altri a dare il senso alla tua vita? Che cosa ti qualifica? Ecco, Gesù dice “l’annunzio dell’amore del Padre: la mia vita ha questo senso”: chiede al Padre di essere glorificato, cioè di saper rivelare l’amore estremo che Lui ha per tutti noi. Nella morte di Gesù in croce noi abbiamo questo sigillo dell’amore eterno di Dio per ciascuno di noi. E allora anche tu: l’amore è il senso della tua vita. E’ così? Qual è il senso?
Ma andiamo avanti: cosa ha fatto Gesù? Tutta l’opera di Gesù è manifestare il nome; il nome indica la persona, Dio non ha un volto anonimo. Il nome è il nome per eccellenza, è il nome ineffabile, e Gesù ha rivelato a noi il nome di Dio, il nome di Padre. Come ce l’ha rivelato il Padre? Ce l’ha rivelato facendosi nostro fratello. La parola padre in ebraico si dice “abbà”: Gesù ci ha rivelato che Dio è nostro Papà. E Lui è il Figlio e noi siamo fratelli tra di noi. E allora se il nome di Dio è Padre non avere paura di Lui. Perché hai paura di Dio? Perché vuoi considerare Dio come qualcosa che si aggiunge alla tua vita ma che è estraneo alla tua esperienza? E’ vero, a volte esistono delle storie in cui non sempre la maternità e la paternità sono azzeccate, ma questo non può essere una gabbia che ti imprigiona in un non-senso, scopri nonostante la fragilità degli uomini, nonostante le colpe degli uomini, nonostante tutte le mancanze della tua storia, tutte le ferite che puoi avere, scopri l’amore del Padre, e scoprilo attraverso l’amore che Gesù ti fa vedere concretamente per te in nome del Padre. Gesù ci considera, questo è un altro bellissimo dono che ci fa questa sera il Signore. E’ bruttissimo sentirsi essere messi da parte, è bruttissimo fare l’esperienza di “sine cura”. Non si può avere una stima di una persona dicendo “quello che fai non preoccuparti, è sine cura, cioè senza valore. Ma allora, se è senza valore (e quella cosa lì dovrebbe esprimere la mia caratteristica) allora significa che anch’io per te sono senza valore. Gesù invece ci considera: noi siamo doni di Dio, siamo considerati come doni di Dio. E questo ci fa anche convertire tante nostre relazioni, nostre relazioni che sono relazioni legate più che altro a un’utilità. No, dobbiamo qualificare meglio i nostri rapporti personali, dobbiamo qualificare meglio la nostra fraternità; se noi siamo dei doni dinnanzi agli occhi di Dio, anche tu devi considerarti un dono e considerare l’altro un dono. Non solo, ma Egli ci custodisce: in ebraico così come in greco custodire potremmo tradurlo osservare, cioè è l’atto di chi sta a guardare (e l’occhio va dove si trova il cuore dicevamo). E il nostro cuore dov’è? Nella parola del Padre. E qual è la parola del Padre? Il Figlio che dice “abbà”. Il nostro occhio, il nostro cuore: è questa parola che è la nostra realtà. La mia realtà è che Dio è Padre e che Gesù è il Figlio, e dunque io sono figlio del Figlio amato e fratello amato e perdonato. Che cosa vuol dire conoscere che Gesù è il Figlio? Il Figlio è colui che tutto riceve (ciò che è, ciò che ha, il suo essere, il suo pensare, il suo sentire, il suo amare, il suo agire) come dono del Padre. Vuol dire che anche noi ci conosciamo di essere dal Padre, che anche noi, come Lui, sappiamo di essere figli, “perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro” dice Gesù. Noi siamo figli, dobbiamo smettere di avere un cristianesimo che è prono come se fossimo dei servi e degli schiavi, come se Dio fosse un pagano. No, Dio è Padre, noi siamo figli. Perché cosa prega Gesù? Gesù innanzitutto dice che il Padre è Santo, cioè è Colui che è diverso, è messo da parte. “Siate santi” dice il Levitico “come io sono santo”. Se Dio è Padre noi dobbiamo essere come Lui: santi. Ma santo per Dio significa misericordioso. “Sii misericordioso”. Misericordioso non significa una pacca sulla spalla a tutti e andiamo avanti. No, significa fare giustizia, fare verità, sapere che l’amore, il perdono vale più della vendetta, del rancore, vale più della recriminazione continua. Hai perdonato, basta, non pensarci più, non starci più dietro, sii libero nel cuore. Gesù prega per noi, chiede due cose: l’unità e la gioia. E’ uno scandalo la divisione tra cristiani, è uno scandalo che i cristiani si facciano la guerra, è uno scandalo che i cristiani siano tristi. Come fai ad essere triste se sai che Dio è Padre, che è amore eterni, infinito, generoso? Come fai ad essere diviso se sai che sei fratello, se sei figlio, se abbiamo un unico Padre? E anche la comunità cristiana deve fare un salto di qualità: si fanno tante organizzazioni, riunioni, tante agende, tanti incontri, tante attività: va bene, va bene tutto, quelli sono dei mezzi. Ma ciò che conta è creare una fraternità autentica. E come si fa? Conoscendosi, guardandosi negli occhi, parlandosi, con onestà, con mitezza, con dolcezza, con rispetto, cercando sempre ciò che si unisce e non ciò che ci divide, perdonandosi. Una comunità cristiana che non vive il sacramento del perdono, e che si confessa una volta all’anno è vetrina, pura vetrina.
Apparteniamo al Figlio Gesù come fratelli e al Padre come figli: questo è il desiderio. Quale desiderio dobbiamo avere? Di avere tutto ciò che il Padre ha, tutto ciò che il Figlio ha, di avere lo stesso modo di amare del Figlio e del Padre. Qualifica meglio il tuo desiderio. Noi abbiamo dei piccoli desideri, legati alle cose terrene, ma il nostro più grande desiderio è amare con il cuore del Padre, come Madre Teresa, come Giovanni Paolo II, Padre Pio, come san Francesco, il santo padre Domenico, amare come amano i Santi, cioè con il cuore di Dio. Nella nostra vita avremo conosciuto delle persone comuni con un cuore grande, magnanimo: ecco, queste sono persone che amano con il cuore di Dio.
E infine: sappi che Dio ti custodisce sempre, che Dio non ti lascia in balia né di te stesso né del male: dinnanzi al male l’amore vince, l’amore vince sempre. Perché l’amore vince? Perché l’amore ha ragione di essere, l’amore ha ragione perché l’amore è tutto. Anche se non tutto è amore ma l’amore è tutto. Tutta la nostra esistenza, la nostra vita, il nostro tempo, tutto è nelle mani di Dio, e Dio è Padre, è amore, e nel Figlio Gesù l’abbiamo sperimentato, conosciuto, toccato concretamente.
E allora il mio invito per questa nostra settimana è molto semplice: ci avviciniamo alla Pasqua, anche se non possiamo celebrarla insieme, riprendete in mano queste catechesi, fate dei momenti di preghiera famigliari fra di voi, cercate di meditare per quanto è possibile la Via Crucis, pregate il Santo Rosario, seguite attraverso streaming anche le varie funzioni, ma soprattutto amate, amate e perdonate, riscoprite nella vostra preghiera il volto amorevole del Padre, l’amore grande e generoso del Figlio, la grazia dello Spirito Santo che è dono.
Padre nostro…